IMPIETOSO MARE
Ho cambiato aria e cielo
e rumori, e il colore diverso
degli uomini ho cercato,
e la lingua che non intendo
ancor m'illude;
e il mare è incolore
e le onde si frangon senza suono.
Anche il falco, vola più alto;
solo le stelle m'inseguon impietose,
ma non le guardo.
Il sole qui non ha pudore,
schiaccia le cose
dentro la terra arsa
e i gesti son, senza parole,
e l'ombra è magra;
a volte fugge o si rinserra
fra le crepe secche
di mostruosi ceppi.
Nuvole immote attendono invano
un pietoso vento che le smuova.
Il tempo è fermo fra alberi contorti
e, dentro gli uomini, c'è arsura.
Ma ora, prostrato e vinto,
non m'illudo e rivedo il tuo sorriso,
e ridisegno luci vaghe e tremolanti
sull'altra sponda,
o fuggevoli voli entrar nel sole,
o candidi germogli aprirsi al cielo,
o creste d'acqua giocar
coi salici piangenti.
Risento le parole, che non osavi
proferir, guardandomi,
e le tue ciglia tremule chinarsi
al pallido accenno
e la tua palma vagolar timida
come lusinga del vento sulle cime,
che dà piacere alla radice.
Ti vedo trasalir ridendo,
al soffice suon della neve
che cade dal gravato pino.
Son corso fra i dirupi
dove la voce si ripete,
nei campi gialli
di girasoli oranti,
nel mare che conobbe
i tuoi sospiri
allor che un'onda lunga,
a volte, t'avvolgeva il piede;
nei boschi, dove m'apparivi
allo scricchiar delle foglie.
Solo silenzio e vento
e compagni irridenti, ho avuto.
Ho lacerato la strenua memoria
e ho dato, al mare scuro della sera,
gli ultimi brandelli invano;
quell'impietoso me l'ha resi all'alba.
A quel mar ora m'addentro
Non osando pensar alla ripulsa. |