LO SBAGLIO DEL POETA
quando entrai in cella, un violento gelo si aggrappò alla mia gola; non capii e pensai che fosse possibile: laggiù, potevo vivere da solo, senza IL mondo, col MIO mondo, un'isola intatta, tutta una bouganville di versi.
ma dopo qualche tempo, le mie poesie sopravvissute si rivelarono un antidoto contro il morbo sbagliato; tutti i miei ricordi scomparvero e le notti divennero vuote, senza sogni: toccavo le sbarre e le mie mani calzavano la peste della ruggine; vedevo il buio e colori e forme scolavano in cenere; respiravo le muffe e la bocca di pietra succhiava frutti di gesso. cos'è successo? dove sono andati l'ibisco rosso che vulcaneggia l'estate, campana di lava, la luna brigante che mi rapiva per contemplare le stelle, il pomodoro sdraiato sul pane che travestiva l'amore di mia nonna, la corsa tra gli ulivi, che parlano solo ai bambini, il sole che ride al mare, i grilli appostati sulla notte, l'olio fatto da mani callose, che scorre tra le dita e le ammorbidisce, come un unguento tra i nodi, l'alito di maggio tra i pioppi, i papaveri d'incendio, il vino che accarezza il dolore, i ciliegi a primavera che fioriscono come sorrisi! perché le sbarre di ferro, cosparse di versi, non si trasformano in ali e non sfoggiano piume al sole? ora lo so, sono soltanto un prestigiatore: non costruisco conigli che usciranno dal cappello, la mia giacca, non partorisce le colombe; le mie parole, sono solo un trucco, possono cercare il mondo, possono mostrarlo a chi non lo vede, ma non possono sostituirlo,
la vita è il loro scopo e senza di essa, sono soltanto mani senza più niente da afferrare. In questo carcere, senza più contatti, mi sono affidato alle parole perchè sono un buon pianeta per intraprendere la resistenza; molto si è impigliato in loro e qualcosa del mondo l'hanno ancora ma alla fine, non sono che foglie: se le stacchi dall'albero, se le separi dalla vita, marciscono a terra. perché non ho compreso prima che ogni riga che ho scritto si chiama verso perché va verso qualcosa, perché non vuole essere sola e non sopporta la lontananza! quanto odio queste sbarre, che interrompono il mondo come salti, rigide separazioni da una vita che non posso più abbracciare! mondo, io volevo amarti, sarebbe a dire starti accanto, farti cantare nel mio petto e per questo ho cominciato a scrivere, per imparare a farlo,
perché io non sono un gufo, un girasole o una zucchina, che sa già farlo, sin dal primo giorno che è esistita: soltanto questo era il motivo del mio scrivere, ma ho finito per scordarlo e adesso sono solo per davvero, come fossi già morto; ma ora che ho compreso che senza il mondo non si vive, non mi interessa quello che gli occhi raccontano e se non potranno più mostrarmi il mondo, li terrò chiusi, nella speranza di ritrovarlo, perché io so, che da qualche parte, il mondo vive ancora: d'ora in avanti, le mie parole picconeranno queste mura per raggiungerlo di nuovo e se non ci riusciranno, male che vada, avrò già la fossa pronta. |