CICLO VITALE
Il tabacco che come vetro
screziava il mio cuore di bimbo,
Le pire a morire sul prato,
l’infanzia scoperta da un lembo
cresciuta nel sole notturno
come cresce vivo il viburno.
Ragazzi dai gesti sofferti,
pietre grezze di bocche nostre
ma indenni ai ventagli deserti
che battono il cretto terrestre.
In fretta capimmo che aprile
fa presto a tacere, a sfiorire.
Adesso la bruna vestaglia
è simile ad un cappio riposto
che strozza l’immobile veglia
più lesto, più lesto, più lesto.
È questa la corsa rincorsa?
Dov’è l’invincibile scorza?
Ma è tardi, io e te siamo stretti
in una intoccabile lana
ondivaghi bozzi protetti
nell’ora che tutto consuma.
L’amore ha spento quel tempo,
e altri ragazzi nel vento.