Daniela Raimondi
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SEZIONE A - POESIA EDITA
FIORINO D’ORO
DANIELA RAIMONDI

per il volume

“LA STANZA IN CIMA ALLE SCALE”
(Nino Aragno Editore - Torino 2018)
con la seguente motivazione:
“Daniela Raimondi non è una normale abitante della scrittura né tantomeno un’affittuaria occasionale della letteratura. È una donna “abitata dalla poesia” perché in ogni istante vive l’eternità, cosicché le sue parole nel riviverla esprimono oltre se stessa la atemporalità. Già dal titolo “La stanza in cima alle scale” (che implica nella sua planimetria ascesa e discesa) l’autrice ci invita a salire nella sua mansarda linguistica per vedere l’intimità del mondo dall’infanzia al sogno, al disincanto, al tempo altrui, per poi scendere ciascuno nel proprio “sotterraneo junghiano” E mentre le parole all’incrocio tra istinto e ragione, tra eleganza e affabulazione, scorrono con magistrale trasparenza e lavoro di cesellatura, il lettore non può fare a meno di percepire il lussureggiare della “lingua madre” dopo il suo disvelamento in altre lingue, come una necessaria nonché illuminante perdita della innocenza monosillabica, monocorde, unicellulare, per ambire al plurilinguismo dell’anima”.
La Giuria del Premio Firenze
Dal volume:
NATA D’INVERNO
Sono nata in un giorno di neve,
con le grondaie bianche
e gli uccelli fermi sui rami.
Sono nata d’inverno,
tra fondamenta di sangue e sudore.
I vasi nei cortili erano gonfi di ghiaccio
e io spingevo dalla carne di mia madre
cercando la spina rossa del mondo,
il segno esatto per cadere
come una cometa dentro la luce.
Nacqui azzurra e cieca
tre giri di cordone intorno al collo.
Mio padre uscì di casa.
Lasciò l’orma sulla neve,
nel silenzio di un cielo che pesava dentro i nidi
sulle ossa sepolte di piccoli mammiferi.
I fantasmi respiravano in fondo agli scantinati.
I muri scintillavano fra giardini selvatici
con alberi candidi e radici immobili sotto la terra.
L’ultima neve cadeva nel buio
e i campi avevano scordato l’odore delle mele,
il suono dolce che a volte nasce
sulle labbra di un uomo.
Le parole morivano sulle bocche dei pozzi,
si perdevano lungo le strade bianche della pianura.
Un ritmo tropicale nasceva da lontano,
svaniva dietro il vapore dei vetri.