ANTINOMIA DEL FUOCO
1 - Bruciano ancora
Ho attraversato questa terra come un Cristo senza il lampo dei prodigi né mappe per le rotte di luce. Solo le croci, tutte, le ho portate (sfogliavo appena l'alba e l'orologio aveva ormai già tutto dissipato, in un istante in cui s'eterna il Male, il tempo d'Hiroshima e Nagasaki, fermo il silicio in tutte le clessidre).
Ho attraversato questa terra mentre da remote stazioni d'abbandono interminato e flebile saliva, sommesso un coro di anime smarrite: Bergen-Belsen, Sant'Anna di Stazzema, My Lai, Beslan, deserto di Srebrenica…
Qui sono stato un giorno a ricomporre palpitanti coriandoli di cuori e le disperse fibre dei bambini, confuse insieme al fumo dei camini, in viaggio verso le costellazioni. (di Anna non rimase che un saluto, superstiti soltanto le parole).
A quelle croci, all'utopia di pace chiedemmo immeritate redenzioni giurando con la mano sopra al cuore. Credemmo rifiorito il sogno. Eppure bruciano ancora Gerico e New York.
II - Nel rogo da ardere
Ho attraversato questa terra quando la sera era un approdo di dolcezze scampate alla congiura degl' inganni; e buona, tra gli alari dei camini, ardeva inesauribile una fiamma febbrile al ciocco vivo degli abbracci.
Ora che l'equinozio di settembre declina già la luce verso l'erba, lasciatemi per dono, ve ne prego, di questa terra esausta un palmo indenne dal grido della porpora e del fuoco: ho smarrito la cetra e più non ho né luminosi accordi,né parole d'ambra per mitigare le ferite.
Ho cantato la fiamma che non cede al volgere dei cosmi, alle stagioni: quella che al passo trepido dei Lari tremula nell'approdo ci precede; e l'altra che tenace ancora accende falò inestinguibili nel cuore (fiorisce ad ogni bacio la mia rosa!).
Lasciatemi così nel rogo da ardere, fiamma che brucia ma che non fa male, incendio che gentile mi consuma. , . |