Il RUSTICI E IL PAIUOLO, ovvero festeggiando un anniversario

Dal 10 settembre, e fino al prossimo 10 gennaio, al Bargello una grande mostra celebra per la prima volta Giovanfrancesco Rustici, uno scultore nato nel 1475, morto nel 1544, autore del gruppo bronzeo “La predica del Battista”, un capolavoro spesso trascurato dal pubblico dei turisti solo per il torto di trovarsi collocato sopra l’abbagliante bellezza della Porta del Paradiso. L’artista meritava, in realtà, quella rivisitazione accurata che non solo la mostra, ma anche alcuni libri ora gli assicurano. Martina Minning in Germania, Philippe Senechal in Francia hanno dato importanti contributi anche “über die Kreise, mit denen Rustici freundschaftlich verkehrte”, come dice la Minning alludendo alle frequentazioni amicali del Nostro; ma il lavoro più importante nel campo dei ‘circoli artistici’ dell’epoca si deve ad un volume di Tommaso Mozzati, architetto e ricercatore perugino, in un poderoso ed esauriente volume pubblicato dall’editore Olschki, di cui si è parlato in Palazzo Vecchio il 13 novembre, nell’occasione di dare inizio ai festeggiamenti dell’anniversario della fondazione (e rifondazione) dell’antica Compagnia del Paiuolo.
Il punto di partenza obbligato è costituito dalle parole di Giorgio Vasari: il quale nella Vita – dove le statue del Rustici poste sul Battistero sono definite “le più perfette e meglio intese che siano state mai fatte di bronzo di maestro moderno” - scrive testualmente che “si ragunava nelle sue stanze della Sapienza una brigata di galantuomini che si chiamavano la Compagnia del Paiuolo, e non potevano essere più che dodici”. Si tratta del mitico inizio avvenuto nel 1512, e forse prima, del nostro sodalizio, e dell’altro egualmente dal Vasari attribuito alla figura di quell’artista, la Compagnia della Cazzuola, e anche a sviscerare il racconto vasariano è dedicata una buona parte del libro del Mozzati. Diciamo subito che se ognuna delle indagini dedicate ad un personaggio storico possiede una propria cifra, a questa del Mozzati è possibile attribuirne diverse, e tutte alquanto interessanti. Ne accenno un paio. In primo luogo si solleva il velo sulla vita e sulle opere d’uno scultore celebre al suo tempo, ma restato poi ai margini dell’illustrazione storiografica a causa delle scarse tracce lasciate nei documenti e dell’incertezza nell’attribuzione delle opere. Il Rustici fu detto da Adolfo Venturi “artista misterioso”. Sicché merito dell’autore è stato quello d’aver pazientemente e con acume ricostruito il corpus disperso di quello che poteva apparire perfino “un fantasma” per celebri storici dell’arte. Qui il Rustici viene ricollocato sul proprio piedistallo, che come fa intuire lo spazio datogli dal Vasari, e l’eccellenza delle opere sicuramente sue, è situato ad un’altezza non lontana da quella dei sommi maestri a lui contemporanei, Leonardo, Verrocchio, Michelangelo, Del Sarto. Dunque, egli fu uno dei protagonisti dell’epoca, e questo introduce il secondo profilo, quello relativo alle due ‘Compagnie’ di cui fu l’animatore, vale a dire quella del Paiuolo e quella della Cazzuola. Il discorso viene impostato dall’autore in modo storicamente ineccepibile, vale a dire mediante una full immersion in un mondo caratteristico, estremamente mobile e straordinario, come quello delle ‘ragunanze’ o ‘compagnie’ dell’epoca, perché quelle menzionate non sono certo nate in un deserto, fanno anzi parte d’un affollatissimo e lussureggiante panorama di aggregazioni, talvolta più o meno stabili, talora del tutto effimere. Si pensi che l’accuratissimo Benedetto Varchi ci dice che erano compresenti ben 73 compagnie, distinte in quelle di fanciulli e di uomini fatti, e queste a loro volta comprendenti, tra le principali, le compagnie dette ‘di stendardo’. Le vicende, o per meglio dire peripezie di questi sodalizi sono assai complesse, al loro intrecciarsi s’accompagnano e si snodano eventi storici importanti, come quelli che videro la definitiva instaurazione della dinastia medicea su Firenze. Il 1512 è in tal senso un anno emblematico, segnando appunto l’inizio del periodo durato fino al ’27, i tre lustri del ritorno mediceo dopo l’esperienza del Savonarola, nemico delle vanità anche se artistiche. Le compagnie indubbiamente costituivano anche una forte base politica, e facevano gola a quanti volessero il potere. Della Compagnia dei Magi, una delle più importanti, fin dal ’400 s’erano impossessati, diventandone animatori e patroni, i Medici nel quadro dell’espansione dei loro tentacoli sociali ed urbanistici.
Venendo al Paiuolo, anch’essa compagnia di stendardo, la lunga informazione data dal Vasari viene analizzata e sviscerata in tutte le sue componenti, anche perché si tratta della notizia più completa in merito a tale sodalizio: sono svolte ricerche sui singoli componenti, dai più celebri, pittori o scultori o architetti o orafi, come il Rustici e Andrea del Sarto, ai minori, come il Robetta, o Aristotile di San Gallo, o lo Spillo, fino ai quasi oscuri personaggi, come il mercante Niccolò Boni, o il cantante e suonatore Domenico Baccelli. Indagini accuratissime, che mettono a profitto notizie provenienti da fonti diversificate; come del resto quelle relative agli ambienti dove il Rustici e anche il Del Sarto avevano il loro quartier generale e dove si svolgevano dunque le adunanze del Paiuolo, che erano stanze ubicate nell’edificio della Sapienza, in piazza San Marco (attuale Rettorato dell’Università), quella casa che Niccolò da Uzzano aveva fatto costruire per gli studenti senza mezzi, e che poi era stata destinata ad altri usi. La zona dei conventi dei Domenicani e dei Servi viene valorizzata e direi quasi consacrata ad un preciso destino proprio da queste presenze artistiche; le quali dimostrano anche una nuova forma dell’associazionismo tra gli artisti, diretto a favorire la promozione sociale dei compagni. In tale quadro va studiata l’attività del Paiuolo come vera e propria impresa collettiva, incaricata dell’esecuzione di precise opere: come l’ingresso trionfale di Leone X papa a Firenze nel 1515, quando si trattò d’allestire colossali e immaginifiche scenografie di valenza anche fortemente simbolica, con l’impresa di maggiore impegno costituita dall’apparato decorativo effimero del Duomo, ma anche comprendente archi trionfali e decorazioni varie lungo il percorso; o come la decorazione di numerosi ambienti nella Badia cistercense di Buonsollazzo, nel contado, negli anni Venti, quando si vedono maestri e allievi di certo appartenenti alla Compagnia assicurarsi i lavori (forse non solo d’affresco) relativi ad una cappella di San Giovanni poi distrutta.
Lo spostamento del Rustici e d’altri artisti in Francia determinò le decadenza della Compagnia, ma quanto raccontato dal Vasari era ormai entrato nell’immaginario collettivo, tanto che alcuni scrittori del Settecento hanno contribuito a mantenerne viva la memoria, attribuendo al Del Sarto un celebre poemetto, la Guerra dei topi e delle rane, con una prima recita di esso avvenuta nel 1519 proprio nell’Accademia del Paiuolo: e le discussioni sono state vivacissime in merito. Ma certo l’aspetto più eclatante e spettacolare è quello che riguarda le favolose riunioni conviviali, nelle quali ogni compagno doveva dare prova d’originalità e bizzarria, con forme e riti minutamente descritti dal Vasari, tali da indurre meraviglia e stupore. Il rinvio alla celeberrima Cena di Trimalchione di Petronio è forse più d’un’ipotesi, ma qui non se ne può fare altro che un cenno; riscontrata la verità dell’affermazione che la mensa è il luogo fisico e metaforico ove si manifestano partecipazione o esclusione, appartenenza o estraneità, concludendo sottolineo la totale assenza di verticalizzazione tra i commensali: nessuna gerarchia tra di essi, come manca l’assegnazione dei bocconi migliori ai personaggi più importanti; l’unica forma del tavolo ammessa nel Paiuolo è quella circolare, onde i partecipanti – dice il Vasari – “si vedevano tutti in viso, guardando intorno”. A buon intenditor, poche parole: ma ben si capisce che cosa gli artisti moderni abbiano inteso quando vollero riprendere, nel 1951, l’antica tradizione, mandando ancora in ebollizione il famoso paiolo.

Enrico Spagnesi
Presidente Sezione Lettere
Antica Compagnia del Paiolo

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