Riccardo Saldarelli:
articolo
pubblicato nella rivista OMNIBUS - N.1 Marzo 2001 periodico di economia, finanza, cultura, attualità e informazione della Banche di Credito Cooperativo |
Giotto
e la “bottega” del ‘300 in una testimonianza unica:
“il
libro dell’arte” di Cennino Cennini.
Prof. Riccardo
Saldarelli - “le tecniche dei
grandi maestri della pittura italiana” :
1 - Da Giotto:
“Santo Stefano” – tempera su tavola – Firenze, Fondazione
H.P.Horne.
Esempio
di provino di ricostruzione filologica
sulla tecnica della tempera ad uovo su tavola, tipica del ‘300, con
particolari riferimenti alle fasi della doratura.
1 - Preparazione della tavola
2
3
4 - Preparazione del fondo con bolo per la doratura
5 - Preparazione del supporto ligneo
(vari strati: gesso, colla, imprimiture colorate)
6 - Preparazione del disegno a spolvero.
8 - Colorazione base “incarnato” (ocre, biacca, cinabro, nero)
9
10
11
12 - Colorazioni di
preparazione per decorazione del tessuto
…Il
quale Giotto rimutò l’arte del dipignere di greco in latino e ridusse
al moderno; ed ebbe l’arte più compiuta che avesse mai più nessuno…”, con
queste ed altre parole, alla fine del ‘300, Cennino Cennini,
dichiarandosene allievo in terza generazione, presentava Giotto nei
capitoli introduttivi del suo “il libro dell’arte” quale
maestro assoluto della pittura (1). Come
ormai universalmente riconosciuto, l’apparizione di Giotto sulla scena
dell’arte aveva mutato la concezione, i modi, le finalità del “fare
pittorico” esercitando una profonda influenza nella cultura del proprio
tempo e la vastissima esperienza di questo straordinario artista può
considerarsi fondamento dell’arte occidentale. A questo punto, il valore dell’arte non era più da
ricercarsi soltanto nella prevalenza della perfezione delle tecniche di
esecuzione derivate dalla ritualità dell’eredità bizantina.
Fino all’avvento della lezione giottesca gli artisti erano
condizionati dai canoni tematici, tecnici ed estetici che hanno
contraddistinto l’arte bizantina, vincolata al dogma dell’ortodossia .
I valori di quell’arte
vengono ora arricchiti dalla forza e dalla novità dell’ideazione e
dell’invenzione, premesse e
guida delle successive fasi esecutive.
Queste condizioni, nascenti da nuove visioni e realtà
religiose, sociopolitiche ed economiche, venivano generate innanzitutto dalla riconosciuta funzione
del disegno che, in
questa nascente cultura del “mestiere” del pittore,
poteva considerarsi la necessaria premessa di ogni operazione, il
vero e proprio progetto dell’opera
che trovava, poi, nel colore
la “pienezza” della sua realizzazione. Il “fondamento dell’arte” basato sul
riconoscimento paritetico dell’unione di questi due “principi”,
disegno e colore, troverà più ampia codificazione e sistemazione nel
rinascimento, quando, a Firenze si comincerà a parlare proprio delle
“Arti del disegno”. Questi forti concetti vengono chiaramente espressi,
appunto, nei capitoli
introduttivi de “il libro dell’arte”, scritto da Cennino
Cennini, pittore di dichiarata scuola giottesca.
Questo testo è da considerarsi uno dei più straordinari documenti
sulla pittura occidentale. L’autore, forte dell’insegnamento dei maestri e
delle esperienze personalmente maturate, riesce, quasi secondo una
sceneggiatura cinematografica, a
descriverci il lavoro quotidiano che si svolgeva nella bottega del
trecento, fornendo utilissime informazioni sulle tecniche artistiche
praticate e, di riflesso, tratteggiando anche un quadro suggestivo
sull’ambiente stesso. Questo testo, unico nel suo genere, fino ad ora
conosciuto solo da pochi addetti ai lavori è oggi seriamente preso in
considerazione soprattutto nell’ambiente del restauro dove questa fonte
primaria di informazione viene continuamente consultata e viene anche
presentato in alcuni programmi di insegnamento artistico. Vi si trova conferma di come nella bottega del
trecento venissero immediatamente individuate e codificate le principali
tecniche del disegno, della pittura e quelle che oggi si definirebbero
tecniche minori e della decorazione. Le tecniche del disegno venivano individuate
principalmente nel “disegnare in tavoletta”, “disegnare in carta
pecorina e ‘n bambagina e aombrare d’acquerelle”, “disegnare con
carbone”, e nel “disegno
in carta tinta”. Le due principali tecniche pittoriche erano la
tempera, ossia il “lavorare in ancone, o vero in tavola” e
l’affresco il “lavorare in muro, cioè in fresco”.
Nel trattato di Cennini troviamo scrupolosamente
elencate le fasi esecutive. Per
la tempera, ad uovo ed a colla, che veniva prevalentemente eseguita su
supporti lignei opportunamente preparati, Cennini proponeva questi
passaggi tecnici:”… tritare, o ver macinare, inconlare, impannare,
ingessare, radere i gessi e pulirli, rilevare di gesso, mettere di bolo,
mettere d’oro, brunire, temperare, campeggaiare, spolverare, grattare,
granare o vero camucciare, ritagliare, colorire, adornare, e
‘nvernicare…” (2). Per quanto riguardava l’affresco, che possiamo
considerare la tecnica di pittura murale per eccellenza, la fasi indicate
da Cennini erano: “… bagnare, smaltare, fregiare, pulire,
disegnare, colorire in fresco, trarre a fine in secco, temperare,
adornare, finire in muro…”
(2). Tra le tecniche “minori” e decorative, riservate
ai lavori quotidiani, quelli - si potrebbe dire -
“meno” artistici e più artigianali che servivano a provvedere
al mantenimento della bottega, nel trattato cenniniano troviamo indicate
la miniatura, la pittura di stendardi e gonfaloni, le dorature di diademi
e velluti, le decorazioni pittoriche su coperte da cavalli e su divise per
tornei e giostre, le tecniche per realizzare e decorare elmi e cimieri, cofani o forzieri, le tecniche per vetrate, i
mosaici per reliquiari, i
procedimenti di formatura in gesso, di matrici in cera,
pasta e piombo, modelli per monete e sigilli. Nelle pagine di
questo speciale libro troviamo persino indicate operazioni di restauro e
suggerimenti per particolari ricette e accorgimenti cosmetici. A titolo di
esempio della cura e della grande professionalità di quei maestri e di
quelle botteghe mi piace citare, tra le tecniche “minori”, non
direttamente descritta, l’esempio
di una curiosa tecnica decorativa adottata da Giotto, quella che oggi
possiamo definire della “criptoscrittura”,
basata su un uso quasi
virtuosistico delle tecniche della doratura, queste ampiamente trattate
nel libro stesso (3). “Il libro dell’arte”
è, poi, ricchissimo di
indicazioni e precetti su come preparare ed usare al meglio i colori, il
gessi, le colle i pennelli:
in pratica tutti i materiali e gli strumenti necessari al pittore
per l’esercizio della sua arte. E’ altresì fonte importante di
precise informazioni sui procedimenti pittorici e sulle condizioni di
attuazione degli stessi, sui modi migliori per approvvigionarsi delle
materie prime ed utilizzare economicamente tutte le risorse disponibili. Si parla di condizioni climatiche ideali per
effettuare determinate operazioni, si danno anche suggerimenti di
comportamento per instaurare
buoni rapporti umani in bottega. La
lunga e meticolosa elencazione di vari procedimenti artistici,
l’indicazione delle fasi principali per la realizzazione dell’opera
artistica, codificate chiaramente in questo libro, rappresentano anche
il vero e proprio programma di tirocinio ed apprendistato in
bottega dove l’allievo rimaneva sotto la guida del maestro anche fino a 24 anni, come fece Taddeo Gaddi con il suo maestro Giotto. Ed
è proprio della bottega di Giotto, di quella poderosa scuola che segnerà
la maniera pittorica di quasi un secolo di storia italiana della pittura,
che Cennino Cennini ci dà testimonianza diretta, appassionata e più che
attendibile. |
NOTE 1 - Dai pochi dati disponibili – ricavati dallo stesso libro del Cennini, dal Vasari e da alcuni documenti dell’Archivio di Stato – possiamo presentare Cennino Cennini, nato a ColleValdelsa da Andrea Cennini nella seconda metà del XIV secolo, come un pittore di scuola giottesca (rimase dodici anni alla scuola del suo maestro Agnolo Gaddi, figlio di Taddeo). Si trasferì a Padova, altro luogo deputato per l’arte giottesca. Unica data documentata della sua vita è il 1398, anno in cui certamente si trovava a Padova dove era giunto qualche tempo prima. Qui dimorò con la moglie, donna Ricca, e fu “pittore famigliare del magnifico signore” Francesco da Carrara Il libro dell’arte” fu quasi certamente composto nella città veneta. Della sua produzione pittorica esistono pochi reperti e lui stesso si definisce “piccolo membro esercitante nell’arte di dipintorìa”. Questa sua modestia dichiarata e la scarsità di documentazione sul suo lavoro di pittore non gli tolgono la grandissima importanza che assume come “testimone” diretto ed eccezionale cronista del fare pittorico nella bottega del trecento. 2 - Ho volutamente riportato i termini del Cennini, quasi tutti abbastanza comprensibili anche se scritti nel gergo toscano-veneto proprio di questo libro, poiché ci danno immediatamente una idea dell’argomento. Chiaramente non è possibile in breve spazio spiegare a fondo tutte queste fasi, oggetto esteso de “il libro dell’arte”, che ci preannunciano, intanto, quanto articolato fosse il mestiere di pittore e quanto poco sul piano tecnico professionale oggi si possa aggiungere a quello che i maestri ci hanno lasciato, se si eccettuano, da un lato, l’ausilio, talvolta ambiguo, di procedimenti industriali per la produzione dei colori e dei materiali pittorici, dall’altro, le inquietanti prospettive suggerite dalle frontiere avanzate della ricerca artistica come quella delle applicazioni delle nuove tecnologie (computer art, arte elettronica, arte virtuale, ecc...). 3 - CRIPTOSCRITTURA |