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Il magico quotidiano

La pittura naïf è tra tutti i generi di pittura la più assorta, la più contemplativa ma che riesce, tuttavia, a non poter fare a meno della viva presenza umana con la quale intrattiene uno specialissimo rapporto fatto di realtà e di commosso stupore. Cesare Novi, poi, è pittore naïf tra i più quotati e basterebbe ricordare quella sua mostra personale al Caffè Zavattini a Luzzara (marzo 1979) con presentazione (prestigiosa) di Davide Lajolo, il grande amico e biografo di Cesare Pavese. Chi segue da vicino le cronache artistiche e culturali del nostro paese, sa bene che cosa significhi il Caffè Zavattini a Luzzara e quale grande contributo esso ha dato alla pittura italiana del nostro secolo. Tralasciamo, quindi, tutti gli altri e numerosi riconoscimenti che la pittura naïf di Cesare Novi ha saputo meritare in una fedeltà alla pittura che non ha conosciuto soste o ripensamenti. Quel che è certo è che Cesare Novi appartiene a quel genere di pittori rari, eccezionali che in ogni quadro sanno dare una "poetica" personalissima e allo stesso tempo eloquente, comunicativa.

In "La raccolta delle olive" - tema così caro al Chianti - l'artista ha concentrato la sua attenzione in un raro equilibrio tra lo spazio e la vitalità del colore che, appunto, modula quello spazio in variazioni ora accese ora tenere e sfumate. Le figure umane, davanti o di spalle, raccolgono a loro modo questo spazio pittorico nell'umiltà della fatica, di quel lavoro paziente che le olive richiedono in un'assorta atmosfera creata dall'abitudine e dall'amore per questi frutti benefichi così indispensabili al nostro vivere. Ed è proprio la gestualità di queste figure assorte nel loro lavoro che ci riporta, quasi per associazione, al movimento degli alberi che legano il cielo e la terra in una tensione senza scosse né rotture. Le tenere, piccole foglie degli ulivi ondeggiano leggermente in quel colore che le sostiene che le fa palpitare verso una linea imprecisata delle colline e da là verso un cielo aperto e quanto mai enigmatico. Tutta la scena, alla fine, respira e si muove nella fatica del quotidiano ma che la presenza della casa colonica, con i suoi bellissimi tetti rossi, e ancora di più i colori della natura rendono incantata e quasi sospesa su un silenzio immateriale. Quando, infatti, ci capita di vivere in mezzo alla natura degli ulivi, lontano dal rumore della città, il semplice fatto di ritrovare la calma e di respirare l'aria pura ci sembra davvero divino. E tuttavia, l'artista non dimentica per un solo istante che, anche nella natura più trasognata e vibrante, la realtà dell'uomo è realtà di dolore. C'è, insomma, contraddizione costante tra il paesaggio di Cesare Novi e le sue figure attaccate al loro lavoro. A noi, invece, resta una superficie creatrice che è apparsa, ad un certo momento, di fronte all'artista creatore: la sua tela, il luogo in cui la sua intuizione costruisce il mondo. Luogo, anzi, in cui egli sogna nuovamente il mondo. A "La raccolta delle olive" di Cesare Novi ben s'attagliano i versi di Rainer M. Rilke che dicono: "... ascolta il soffio dello spazio / il messaggio incessante che è fatto di silenzio". Sì, anche di silenzio poiché la fatica dell'uomo ha una nobile testimone che è la natura nella sua fragile ma potente anima fatta di luce e di mistero.

Carmelo Mezzasalma

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